15/11/2010versione stampabilestampainvia paginainvia



Povertà, disoccupazione e discriminazione di genere all'origine del traffico di persone

Un Paese in rapida trasformazione dove nuovi crimini, come la tratta degli umani, sono il prodotto di povertà e disoccupazione.
Recentemente Mongolia e Macao hanno firmato un accordo per sviluppare una collaborazione bilaterale al fine di prevenire ed eliminare il traffico, soprattutto di donne e bambini, ma il problema rimane ancora troppo sommerso.
PeaceReporter
ha intervistato la Sig.ra G. Ganbayasgah, presidente del Mongolian Gender Equality Center.

Quali soggetti sono più facilmente vittime del traffico di esseri umani?

La Mongolia è stata un paese socialista per 70 anni. Nel 1990 la rivoluzione democratica ha trasformato le condizioni politiche e socioeconomiche. Una delle maggiori conseguenze è stata la libera circolazione dei mongoli e il diritto a viaggiare all’estero. La transizione socioeconomica, che ha prodotto disoccupazione e sempre maggiore povertà, ha portato nuovi crimini come il traffico illecito di esseri umani. A causa dell’ignoranza sull’argomento, questa tipologia di crimine è poi aumentata. Le ricerche dimostrano che le vittime cadono nella trappola perché cercano opportunità di studio e lavoro, sia all’interno della Mongolia stessa sia all'estero. Così sono portate con l’inganno in Cina, Sud Corea, Malesia, Macao, Hong Kong, Turchia, Singapore, Israele, e Repubblica Ceca. Sebbene sia impossibile avere delle statistiche precise, dal 2003 il Centro ha identificato e portato assistenza a più di 300 vittime. Anche se in Mongolia esiste un articolo del Codice Penale dal 2002, soltanto due casi sono stati perseguiti. Da quando è stato fatto un emendamento (articolo 113) nel 2008, sono stati risolti circa dieci casi.

Perché la Mongolia è particolarmente colpita da questo problema?

L’economia del paese è la causa principale: un’economia povera, con un alto tasso di disoccupazione e di povertà. La discriminazione sessuale è l’altra causa del traffico di umani, soprattutto per le donne. La Mongolia manda operai all’estero attraverso accordi internazionali ma sono soprattutto gli uomini che ne traggono vantaggio, le donne rimangono senza lavoro quindi cercano un’opportunità a qualsiasi costo. Le leggi mongole sull’emigrazione e sul matrimonio favoriscono il traffico illecito di esseri umani perché la gente non ha possibilità di lavorare nel proprio Paese e cercano disperatamente altrove. Inoltre la disoccupazione e la povertà provocano una emigrazione soprattutto illegale. La gente preferisce pagare individui privati o agenzie illegali e rischiare, pur uscire dal Paese. La popolazione mongola (in tutto 2milioni e 700mila persone) è composta per il 70 per cento da giovani e per adescare le vittime i trafficanti si servono sia della pubblicità nei media sia, soprattutto, di una rete di amicizie e parentele. Si crea così una catena difficile da spezzare, che impedisce a chi si salva di testimoniare.

Può raccontarci una storia esemplare?

Nel marzo 2009, A. incontra un'intermediaria mentre lavora come cameriera in una caffetteria di Ulaanbaatar. Un giorno una cliente le chiede quanto guadagna e si offre di aiutarla. Le dice che può aiutarla a diventare estetista, la può iscrivere a un corso e aggiunge che può farle guadagnare molti soldi. A. vive con il suo bambino e 4 fratelli più giovani, il suo salario di 130 dollari è appena sufficiente per sopravvivere. La donna le promette che non si tratta né di prostituzione né di uso di alcol, insomma che non si tratta di affari loschi. Firmano un accordo per cui la donna pagherà il viaggio di A. che le restituirà il denaro quando avrà uno stipendio.
Maggio 2009, A. e altre tre ragazze partono dalla Mongolia per il seguente tragitto:
Ulan Bator – Erlian, Cina (attraverso Zamiin Uud soum nella provincia di Dorno-Govi), in treno;
Erlian – Pechino in taxi;
Pechino – Chinghuandao, dove incontreranno altri intermediari.
Le ragazze cominciano a lavorare alla fine di maggio 2009. Gli intermediari le minacciano, le obbligano a prostituirsi. A. e le altre tre ragazze devono servire i clienti quando sono nel locale e stare con loro tutta la notte per prestazioni sessuali. La tariffa è di 200 renmimbi cinesi ma loro non hanno mai ricevuto denaro.
Quando le ragazze decidono di riufiutarsi di prostituirsi, e dicono di voler tornare in Mongolia, gli intermediari confiscano i loro documenti, le volentano e drogano con la forza. Quindi sono sempre obbligate ad usare droghe e ad avere rapporti sessuali con i clienti.
Ad un certo punto A. e le ragazze riescono ad usare internet di nascosto, contattano il consolato mongolo, informano i funzionari della loro situazione (costrette alla prostituzione, all’uso di droghe e senza soldi), chiedono aiuto e riescono a scappare.
A giugno 2009 A. e le altre ragazze sono rimpatriate in Mongolia con l’assistenza dell’ambasciata mongola in Cina e sono mandate al nostro Centro.

Qual’è lo scopo del traffico degli esseri umani? Prostituzione, traffico di organi o altro?

Il 65 per cento delle vittime che si sono rivolte al Centro erano state sfruttate a scopi sessuali, il 25 per cento usate come forza lavoro e il 10 per cento per matrimoni. L’età media è tra i 18 e 25 anni, ma ci sono anche casi di minori obbligati alla prostituzione. Al momento non ci sono pervenuti casi di vendita di organi.

Voi come affrontate il problema?

Il Centro offre una serie di aiuti alle vittime e potenziali vittime. Abbiamo una linea telefonica 24 ore su 24, 2 centri di accoglienza (uno a Ulan Bator e uno a Zamiin Uud, città di confine). Aiutiamo le vittime a tornare nel Paese e reintegrarsi.
Per ulteriori informazioni è possibile consultare il nostro sito.

Cosa fa il governo per risolvere la situazione?

Il governo mongolo ha aggiunto un emendamento al Codice penale nel 2008 che rispetta il Protocollo di Palermo. La Mongolia ha aderito al Protocollo di Palermo e sviluppato un piano nazionale contro il traffico di esseri umani. Purtroppo però non esiste un sistema centralizzato o una linea politica appropriata per prevenire il traffico, proteggere le vittime e punire i trafficanti.

Gabriele Battaglia

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